I limiti dell' EQ: differenze tra le versioni

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===<span style="color:#00007f;">Perchè non posso risolvere tutti i miei problemi acustici con l’EQ?</span>===
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===<span style="color:#00007f; text-decoration: underline;">Perchè non posso risolvere tutti i miei problemi acustici con l’EQ?</span>===
  
<div align="justify">Questo argomento tratta un’importante questione: perchè l’equalizzazione non è sufficiente a risolvere i problemi acustici?  Ci sono una gran varietà di prodotti che dicono di essere in grado di correggere le risposte di una stanza, quindi perchè perdere tempo con rattamenti acustici, bass traps, assorbitori e tutta quella roba? La tecnologia ci viene in aiuto, giusto?</div><br>
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<div style="text-align:justify;">Questo argomento tratta un’importante questione: perchè l’equalizzazione non è sufficiente a risolvere i problemi acustici?  Ci sono una gran varietà di prodotti che dicono di essere in grado di correggere le risposte di una stanza, quindi perchè perdere tempo con rattamenti acustici, bass traps, assorbitori e tutta quella roba? La tecnologia ci viene in aiuto, giusto?</div><br>
<div align="justify">Queste sono domande importanti e comprenderne le risposte, può aiutare molto a capire l’acustica in senso generale. Ci sono pochi passaggi in cui la risposta acquista un aspetto leggermente tecnico, ma la maggior parte della spiegazione, è facile da seguire. Per arrivare alla spiegazione della domanda citata qui sopra, dovremmo affrontare le risposte ad altre due domande:</div>
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<div style="text-align:justify;">Queste sono domande importanti e comprenderne le risposte, può aiutare molto a capire l’acustica in senso generale. Ci sono pochi passaggi in cui la risposta acquista un aspetto leggermente tecnico, ma la maggior parte della spiegazione, è facile da seguire. Per arrivare alla spiegazione della domanda citata qui sopra, dovremmo affrontare le risposte ad altre due domande:</div>
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<span style="color:#00007f; font-weight: bold;">Perchè la fase è importante?</span>
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<div style="text-align:justify;">Come punto di partenza, dobbiamo dare un’occhiata a cosa può fare per noi un equalizzatore. L’indizio è nascosto proprio nel nome. La sua funzione di base, è di alterare la risposta in frequenza. Possiamo perciò usarlo per cercare di rendere la risposta a tutte le frequenze, uguale. Particolari equalizzatori, sono spesso descritti come operanti nel dominio della frequenza o nel dominio del tempo, o in entrambi. Di fatto, tutti gli equalizzatori, '''senza alcuna eccezione''', agiscono nel dominio del tempo e della frequenza ed hanno effetto su entrambi.</div>
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<div style="text-align:justify;">Prima di iniziare a regolare un EQ per alterare la risposta in frequenza, dobbiamo vedere la risposta da correggere, e per questo dobbiamo eseguire una misura. Questo implica la prima limitazione. La misura viene eseguita in una singola posizione e la rieposta in frequenza di quella misura, è valida solo in quella posizione. Muovendo il microfono in una qualsiasi altra posizione ed eseguendo una nuova misura, otterremo una diversa risposta in frequenza. Questa potrebbe essere leggermente differente o (e generalmente è), molto differente. I cambiamenti fatti da un equalizzatore nel percorso  fino agli altoparlanti, è lo stesso, indipendentemente dalla nostra posizione nella stanza, e poichè la risposta cambia in differenti posizioni e non dipende dall’EQ, questa è la ragione per la quale l’utilizzo dell’EQ può essere adatto nei luoghi dove la risposta in frequenza è la stessa di quella usata prima dell’impostazione dell’EQ</div><br>
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<div style="text-align:justify;">Leggendo dei volantini pubblicitari relativi ad alcuni equalizzatori, potreste essere perdonati nel pensare che alcuni ragazzi intelligenti, da qualche parte, abbiano trovato un modo per fare questo. Impossibile! La cosa migliore che si può fare, è guardare le risposte in frequenza misurate in molte posizioni nell’area dove è necessario che la correzione abbia effetto, capire quail di queste sono sufficientemente simili e giungere ad una impostazione dell’EQ di compromesso, che aiuta in alcuni punti e non fa troppo male in certi altri. Quindi può aiutare, ma non è certamente una baccheta magica.</div>
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20kHz misura solo 17mm. La risposta in frequenza, varia drammaticamente ad alta frequenza su distanze molto piccole, cosi, anche se vi trovate seduti in una sola posizione e siete immobili, il meglio che potete sperare è per un’equalizzazione che lavori fino a pochi kHz. Per un più ragionevole margine di movimento, poche centinaia di Hz in più sono preferibili.</div>
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<div style="text-align:justify;">L’ RTA, ha lasciato la scena e noi stiamo eseguendo delle misure ad alta risoluzione. E sembrano terribili.  Ci sono grandi picchi e alcuni enormi e stretti cali. Il calo di 6dB che abbiamo visto a 100Hz, sembra essere diventato di 17dB a 98Hz. Nessun problema, l’EQ permette un guadagno fino a 24dB. Ma l’ascolto con la correzione attiva, rivela una forte distorsione. Abbiamo superato il massimo consentito, con la distorsione ovunque. Anche dopo aver regolato i livelli per tentare di contenere la distorsione, il risultato è molto, molto peggiore. Bruschi cali nella risposta, sono molto sensibili alla posizione, anche a frequenze molto basse. La sensibilità relativa alla posizione e ai problemi di headroom, significano che non c’è nulla che possiamo fare con l’equalizzazione. Il meglio che possiamo fare è avere a che fare  con diminuzioni ampie e poco profonde e lavorare sui picchi.</div>
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<div style="text-align:justify;">Ora conosciamo molte delle limitazioni dell’equalizzatore. Abbiamo spostato alcuni oggetti nella stanza e usato alcuni assorbitori e ci siamo liberati del difetto peggiore. Dopo molto scrupoloso tweaking dell’equalizzatore, la risposta in frequenza è finalmente piuttosto piatta, ma il suono è ancora terribile. Cosa sta succedendo ora?</div><br>
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<div style="text-align:justify;">I prossimi pochi paragrafi, sono un pò più tecnici, ma vale la pena iniziare. Gli equalizzatori sono, con poche eccezioni, dei dispositive a fase minima (alcuni sono a fase lineare, ma non ci aiutano con il problema che stiamo affrontando). Quando facciamo sull’EQ, una regolazione della risposta in frequenza, modifichiamo anche la risposta di fase, che rappresenta una parte della misura, spesso ignorata. Abbiamo perciò bisogno di fare una piccola deviazione per capire perchè dovremmo preoccuparci anche della fase.</div>
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<div style="text-align:justify;">Il software per le misurazioni, misura la funzione di trasferimento del sistema al quale è collegato. La funzione di trasferimento è composta di due parti: la familiar risposta in frequenza e la risposta di fase. I sistemi, possono avere la stessa risposta in frequenza, ma avere effetti completamente differenti sui segnali che li attraversano. La loro differenza sta proprio nella risposta di fase. Come semplice esempio di quanto possa essere grande la differenza di fase, consideriamo i risultati provenienti dalle misure di due segnali molto differenti: un impulso e una parte di rumore periodico. Entrambi questi segnali, hanno una  risposta in frequenza perfettamente piatta e guardando alle loro risposte, non siamo in grado di distinguerli. I segnali di tempo ovviamente, appaiono completamente differenti. Cosa accade quindi a quelle differenze quando i segnali vengono inviati ad una FFT per ricavarne la risposta in frequenza? E’ tutto nelle risposte di fase. L’impulso ha fase zero a tutte le frequenze. Il rumore periodico, ha fase casuale. Guardando alla sola risposta in frequenza, non siamo in grado di dire di quale segnale si tratta, così come guardando alla sola risposta di una funzione di trasferimento, non siamo in grado di stabilire gli effetti del sistema sul segnale che lo attraversa. Dobbiamo quindi guardare alla risposta di fase. Così, la risposta del perché il nostro sistema, con una risposta in frequenza perfettamente piatta, non suona ancora come dovrebbe, sta nella risposta di fase. Le risposte degli ambienti, sono in massima parte a fase non minima. La spiegazione tecnica di ciò, probabilmente non ci sarebbe di aiuto alla comprensione del problema, ma il risultato è questo: con la risposta in frequenza, possiamo fare quasi tutto ciò che ci piace (nei limiti che abbiamo già discusso) ma la risposta di fase è al di fuori della portata del nostro EQ. Nessuna modifica della risposta in frequenza sull’EQ, avrà effetti corrispondenti sulla risposta di fase, e mentre le regolazioni della risposta in frequenza sono uguali ed opposte alla risposta della stanza, la stessa cosa non è vera per la fase. Per una stanza, essere  a fase non minima, significa aver fatto cose sulla fase del segnale, che non possono essere replicate nel nostro EQ. Correggere la risposta in frequenza ma non la risposta di fase, significa non essere in grado di ripristinare il segnale di tempo alle sue condizioni iniziali, nonostante il tempo passato davanti all’EQ per tentare di correggerlo. Abbiamo raggiunto il limite.</div>
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===<span style="color:#00007f; text-decoration: underline;">L’importanza di guardare i segnali di tempo.</span>===
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<div style="text-align:justify;">Questo ci porta come ho detto, a toccare un altro punto: l’importanza di guardare i segnali di tempo e non solo alle risposte in frequenza. La risposta in frequenza, rappresenta solo la metà della descrizione di ciò che un sistema fa al segnale che lo attraversa e la risposta di fase è la metà rimanente. Cercare di comprendere i sistemi, guardando alla sola risposta in frequenza, è come cercare di capire un libro leggendo solo le pagine pari. Per capirlo veramente, è necessario leggerle entrambe. Che è però un pò problematico. La risposta in frequenza è abbastanza facile da comprendere, ma la risposta di fase non svela i suoi segreti così facilmente. Per farne un corretto uso, finiamo dando un’occhiata a varie quantità da essa derivate, come il ritardo di gruppo o il ritardo di fase. E’ complicato, ma esiste un’alternativa.</div><br>
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<div style="text-align:justify;">I sistemi che misuriamo, possono essere descritti in due modi: nel dominio della frequenza, attraverso la loro funzione di trasferimento (risposte di frequenza e di fase), o nel dominio del tempo , attraverso la loro risposta all’impulso. Essi costituiscono due visioni dello stesso sistema: la funzione di trasferimento è la FFT della risposta all’impulso e la risposta all’impulso è la FFT inversa della funzione di trasferimento. Per studiare come il sistema si comporta e come agisce sui segnali, possiamo guardare entrambe. La risposta all’impulso, ha il beneficio di catturare tutte le informazioni in un unico segnale, che la pone un gradino sopra la alla funzione di trasferimento, anche se non è così immediatamente intuitiva come la risposta in frequenza. Essa invece, ci fornisce delle informazioni che sono meno identificabili nella funzione di trasferimento quali le riflessioni o il lento decadimento dei modi della stanza. Vale la pena dedicare un po’ di tempo per familiarizzare con la risposta all’impulso e con alcune delle grandezze da essa derivate, come l’inviluppo della risposta all’impulso (aka ETC).</div>
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===<span style="color:#00007f; text-decoration: underline;">Può l’equalizzatore, esserci di aiuto?</span>===
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<div style="text-align:justify;">Date le limitazioni che abbiamo scoperto e con i problemi legati alla fase non-minima in testa, ci possiamo domandare se l’equalizzatore può rappresentare per noi, una buona soluzione. Però, non tutto è perduto. Il comportamento della stanza a fase non-minima, è collegato con i cali di risposta. Significa che siamo sempre meno in grado di correggere il loro effetto, ma non c’è niente che possiamo fare per loro, in nessun caso, quindi in realtà la situazione non è molto peggiorata. L’aspetto positivo, è dato dai picchi della risposta che sono causati dalle caratteristiche che si trovano saldamente nella regione a fase minima, che l’equalizzatore è in grado di gestire. Possiamo usare l’equalizzatore per cercare di dominare questi picchi. Più in basso si verificheranno, migliore sarà il risultato che saremo in grado di ottenere. Un buon complemento per i nostri trattamenti acustici, da quando iniziano il loro intervento alle basse frequenze. L’equalizzatore è un buono strumento da tenere a portata di mano per risolvere i nostri problemi di acustica, ma può rappresentare solo una piccola parte della soluzione.</div>
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Versione delle 19:42, 25 giu 2016

Perchè non posso risolvere tutti i miei problemi acustici con l’EQ?

Questo argomento tratta un’importante questione: perchè l’equalizzazione non è sufficiente a risolvere i problemi acustici? Ci sono una gran varietà di prodotti che dicono di essere in grado di correggere le risposte di una stanza, quindi perchè perdere tempo con rattamenti acustici, bass traps, assorbitori e tutta quella roba? La tecnologia ci viene in aiuto, giusto?

Queste sono domande importanti e comprenderne le risposte, può aiutare molto a capire l’acustica in senso generale. Ci sono pochi passaggi in cui la risposta acquista un aspetto leggermente tecnico, ma la maggior parte della spiegazione, è facile da seguire. Per arrivare alla spiegazione della domanda citata qui sopra, dovremmo affrontare le risposte ad altre due domande:

Perchè la fase è importante?


Perchè dovrei considerare I segnali nel dominio del tempo, anzichè la semplice risposta in frequenza?



Cosa fa l’Equalizzatore?

Come punto di partenza, dobbiamo dare un’occhiata a cosa può fare per noi un equalizzatore. L’indizio è nascosto proprio nel nome. La sua funzione di base, è di alterare la risposta in frequenza. Possiamo perciò usarlo per cercare di rendere la risposta a tutte le frequenze, uguale. Particolari equalizzatori, sono spesso descritti come operanti nel dominio della frequenza o nel dominio del tempo, o in entrambi. Di fatto, tutti gli equalizzatori, senza alcuna eccezione, agiscono nel dominio del tempo e della frequenza ed hanno effetto su entrambi.


Quali sono i limiti di applicazione di un equalizzatore?

Posizione, posizione, posizione

Prima di iniziare a regolare un EQ per alterare la risposta in frequenza, dobbiamo vedere la risposta da correggere, e per questo dobbiamo eseguire una misura. Questo implica la prima limitazione. La misura viene eseguita in una singola posizione e la rieposta in frequenza di quella misura, è valida solo in quella posizione. Muovendo il microfono in una qualsiasi altra posizione ed eseguendo una nuova misura, otterremo una diversa risposta in frequenza. Questa potrebbe essere leggermente differente o (e generalmente è), molto differente. I cambiamenti fatti da un equalizzatore nel percorso fino agli altoparlanti, è lo stesso, indipendentemente dalla nostra posizione nella stanza, e poichè la risposta cambia in differenti posizioni e non dipende dall’EQ, questa è la ragione per la quale l’utilizzo dell’EQ può essere adatto nei luoghi dove la risposta in frequenza è la stessa di quella usata prima dell’impostazione dell’EQ

Leggendo dei volantini pubblicitari relativi ad alcuni equalizzatori, potreste essere perdonati nel pensare che alcuni ragazzi intelligenti, da qualche parte, abbiano trovato un modo per fare questo. Impossibile! La cosa migliore che si può fare, è guardare le risposte in frequenza misurate in molte posizioni nell’area dove è necessario che la correzione abbia effetto, capire quail di queste sono sufficientemente simili e giungere ad una impostazione dell’EQ di compromesso, che aiuta in alcuni punti e non fa troppo male in certi altri. Quindi può aiutare, ma non è certamente una baccheta magica.


Cosa succeede se ascolto in una sola posizione?

Se l’EQ funziona in una sola posizione, e io siedo in una posizione, qual’è il problema? Il problema è che, movimeti molto piccoli, producono grandi differenze. Ad alta frequenza, la lunghezza d’onda è molto corta. A 20kHz misura solo 17mm. La risposta in frequenza, varia drammaticamente ad alta frequenza su distanze molto piccole, cosi, anche se vi trovate seduti in una sola posizione e siete immobili, il meglio che potete sperare è per un’equalizzazione che lavori fino a pochi kHz. Per un più ragionevole margine di movimento, poche centinaia di Hz in più sono preferibili.


Risoluzione

Siamo quindi pronti a qualche compromesso. Riuscire a correggere la risposta fino a poche centinaia di Hz ci sarebbe molto di aiuto perciò, mettiamo mano all’equalizzatore ed iniziamo con le regolazioni. Il problema nel quale ci troveremo, riguarda la regolazione che sembra non funzionare correttamente. Diciamo che la risposta in frequenza presenta un calo di 6dB a 100Hz. Così, aumentiamo di 6bB in quel punto e regoliamo la larghezza per farla coincidere con il calo che abbiamo visto. Ma la risposta in frequenza, difficilmente sembra essere variata, specialmente nel mezzo del punto in cui è stato rilevato il calo. Cosa sta succedendo? Il problema, è probabilmente legato alla risoluzione della misura. Se per esempio, per misurare la risposta abbiamo utilizzato un RTA (Real Time Analyzer) ad 1/3 di ottava, la barra dei 100Hz si estende da circa 89 a 112Hz. Quel calo di 6dB, è probabilmente dovuto a un calo molto più marcato ma molto più stretto all’interno dell’intervallo di quei 23Hz. Perciò, per vedere cosa sta succedendo, dobbiamo eseguire una misura ad alta risoluzione e un RTA, non è adatto a questo lavoro.


Headroom

L’ RTA, ha lasciato la scena e noi stiamo eseguendo delle misure ad alta risoluzione. E sembrano terribili. Ci sono grandi picchi e alcuni enormi e stretti cali. Il calo di 6dB che abbiamo visto a 100Hz, sembra essere diventato di 17dB a 98Hz. Nessun problema, l’EQ permette un guadagno fino a 24dB. Ma l’ascolto con la correzione attiva, rivela una forte distorsione. Abbiamo superato il massimo consentito, con la distorsione ovunque. Anche dopo aver regolato i livelli per tentare di contenere la distorsione, il risultato è molto, molto peggiore. Bruschi cali nella risposta, sono molto sensibili alla posizione, anche a frequenze molto basse. La sensibilità relativa alla posizione e ai problemi di headroom, significano che non c’è nulla che possiamo fare con l’equalizzazione. Il meglio che possiamo fare è avere a che fare con diminuzioni ampie e poco profonde e lavorare sui picchi.


Fase minima e annessi

Ora conosciamo molte delle limitazioni dell’equalizzatore. Abbiamo spostato alcuni oggetti nella stanza e usato alcuni assorbitori e ci siamo liberati del difetto peggiore. Dopo molto scrupoloso tweaking dell’equalizzatore, la risposta in frequenza è finalmente piuttosto piatta, ma il suono è ancora terribile. Cosa sta succedendo ora?

I prossimi pochi paragrafi, sono un pò più tecnici, ma vale la pena iniziare. Gli equalizzatori sono, con poche eccezioni, dei dispositive a fase minima (alcuni sono a fase lineare, ma non ci aiutano con il problema che stiamo affrontando). Quando facciamo sull’EQ, una regolazione della risposta in frequenza, modifichiamo anche la risposta di fase, che rappresenta una parte della misura, spesso ignorata. Abbiamo perciò bisogno di fare una piccola deviazione per capire perchè dovremmo preoccuparci anche della fase.


Perchè la fase è importante?

Il software per le misurazioni, misura la funzione di trasferimento del sistema al quale è collegato. La funzione di trasferimento è composta di due parti: la familiar risposta in frequenza e la risposta di fase. I sistemi, possono avere la stessa risposta in frequenza, ma avere effetti completamente differenti sui segnali che li attraversano. La loro differenza sta proprio nella risposta di fase. Come semplice esempio di quanto possa essere grande la differenza di fase, consideriamo i risultati provenienti dalle misure di due segnali molto differenti: un impulso e una parte di rumore periodico. Entrambi questi segnali, hanno una risposta in frequenza perfettamente piatta e guardando alle loro risposte, non siamo in grado di distinguerli. I segnali di tempo ovviamente, appaiono completamente differenti. Cosa accade quindi a quelle differenze quando i segnali vengono inviati ad una FFT per ricavarne la risposta in frequenza? E’ tutto nelle risposte di fase. L’impulso ha fase zero a tutte le frequenze. Il rumore periodico, ha fase casuale. Guardando alla sola risposta in frequenza, non siamo in grado di dire di quale segnale si tratta, così come guardando alla sola risposta di una funzione di trasferimento, non siamo in grado di stabilire gli effetti del sistema sul segnale che lo attraversa. Dobbiamo quindi guardare alla risposta di fase. Così, la risposta del perché il nostro sistema, con una risposta in frequenza perfettamente piatta, non suona ancora come dovrebbe, sta nella risposta di fase. Le risposte degli ambienti, sono in massima parte a fase non minima. La spiegazione tecnica di ciò, probabilmente non ci sarebbe di aiuto alla comprensione del problema, ma il risultato è questo: con la risposta in frequenza, possiamo fare quasi tutto ciò che ci piace (nei limiti che abbiamo già discusso) ma la risposta di fase è al di fuori della portata del nostro EQ. Nessuna modifica della risposta in frequenza sull’EQ, avrà effetti corrispondenti sulla risposta di fase, e mentre le regolazioni della risposta in frequenza sono uguali ed opposte alla risposta della stanza, la stessa cosa non è vera per la fase. Per una stanza, essere a fase non minima, significa aver fatto cose sulla fase del segnale, che non possono essere replicate nel nostro EQ. Correggere la risposta in frequenza ma non la risposta di fase, significa non essere in grado di ripristinare il segnale di tempo alle sue condizioni iniziali, nonostante il tempo passato davanti all’EQ per tentare di correggerlo. Abbiamo raggiunto il limite.


L’importanza di guardare i segnali di tempo.

Questo ci porta come ho detto, a toccare un altro punto: l’importanza di guardare i segnali di tempo e non solo alle risposte in frequenza. La risposta in frequenza, rappresenta solo la metà della descrizione di ciò che un sistema fa al segnale che lo attraversa e la risposta di fase è la metà rimanente. Cercare di comprendere i sistemi, guardando alla sola risposta in frequenza, è come cercare di capire un libro leggendo solo le pagine pari. Per capirlo veramente, è necessario leggerle entrambe. Che è però un pò problematico. La risposta in frequenza è abbastanza facile da comprendere, ma la risposta di fase non svela i suoi segreti così facilmente. Per farne un corretto uso, finiamo dando un’occhiata a varie quantità da essa derivate, come il ritardo di gruppo o il ritardo di fase. E’ complicato, ma esiste un’alternativa.

I sistemi che misuriamo, possono essere descritti in due modi: nel dominio della frequenza, attraverso la loro funzione di trasferimento (risposte di frequenza e di fase), o nel dominio del tempo , attraverso la loro risposta all’impulso. Essi costituiscono due visioni dello stesso sistema: la funzione di trasferimento è la FFT della risposta all’impulso e la risposta all’impulso è la FFT inversa della funzione di trasferimento. Per studiare come il sistema si comporta e come agisce sui segnali, possiamo guardare entrambe. La risposta all’impulso, ha il beneficio di catturare tutte le informazioni in un unico segnale, che la pone un gradino sopra la alla funzione di trasferimento, anche se non è così immediatamente intuitiva come la risposta in frequenza. Essa invece, ci fornisce delle informazioni che sono meno identificabili nella funzione di trasferimento quali le riflessioni o il lento decadimento dei modi della stanza. Vale la pena dedicare un po’ di tempo per familiarizzare con la risposta all’impulso e con alcune delle grandezze da essa derivate, come l’inviluppo della risposta all’impulso (aka ETC).


Può l’equalizzatore, esserci di aiuto?

Date le limitazioni che abbiamo scoperto e con i problemi legati alla fase non-minima in testa, ci possiamo domandare se l’equalizzatore può rappresentare per noi, una buona soluzione. Però, non tutto è perduto. Il comportamento della stanza a fase non-minima, è collegato con i cali di risposta. Significa che siamo sempre meno in grado di correggere il loro effetto, ma non c’è niente che possiamo fare per loro, in nessun caso, quindi in realtà la situazione non è molto peggiorata. L’aspetto positivo, è dato dai picchi della risposta che sono causati dalle caratteristiche che si trovano saldamente nella regione a fase minima, che l’equalizzatore è in grado di gestire. Possiamo usare l’equalizzatore per cercare di dominare questi picchi. Più in basso si verificheranno, migliore sarà il risultato che saremo in grado di ottenere. Un buon complemento per i nostri trattamenti acustici, da quando iniziano il loro intervento alle basse frequenze. L’equalizzatore è un buono strumento da tenere a portata di mano per risolvere i nostri problemi di acustica, ma può rappresentare solo una piccola parte della soluzione.


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