I limiti dell' EQ: differenze tra le versioni
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− | <div | + | <div style="text-align:justify;">Questo argomento tratta un’importante questione: perchè l’equalizzatore non è sufficiente a risolvere i problemi acustici? Esistono in commercio una gran varietà di prodotti che dicono di essere in grado di correggere le risposte di una stanza, quindi perchè qualcuno dovrebbe perdere tempo con trattamenti acustici, bass traps, assorbitori e roba del genere? La tecnologia ci viene in aiuto, giusto?</div><p> |
− | <div | + | <div style="text-align:justify;">Queste sono domande importanti e comprenderne le risposte, può aiutare molto a capire meglio l’acustica in senso generale. Ci sono alcuni passaggi in cui la risposta acquista un aspetto leggermente tecnico, ma la maggior parte della spiegazione, è facile da seguire. Per rispondere alle domande di cui sopra, dovremmo affrontare le risposte ad altre due domande:</div></p> |
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+ | <div style="text-align:justify;">Come punto di partenza, dobbiamo dare un’occhiata a cosa può fare per noi un equalizzatore. L’indizio è nascosto proprio nel nome. La sua funzione di base, è di alterare la risposta in frequenza. Possiamo perciò usarlo per cercare di rendere uguale la risposta a tutte le frequenze. Particolari equalizzatori, sono talvolta descritti come operanti nel dominio della frequenza o nel dominio del tempo, o in entrambi. Di fatto, tutti gli equalizzatori, '''senza alcuna eccezione''', agiscono nel dominio del tempo e della frequenza ed hanno effetto su entrambi.</div> | ||
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− | <div | + | <div style="text-align:justify;">Prima di iniziare a regolare un EQ per alterare la risposta in frequenza, dobbiamo avere una risposta da correggere, e per questo dobbiamo eseguire una misura. Questo implica la prima limitazione. La misura viene eseguita in una singola posizione e la risposta in frequenza di tale misura, è valida solo in quella posizione. Muovendo il microfono in una qualsiasi altra posizione ed eseguendo una nuova misura, otterremo una diversa risposta in frequenza. Questa potrebbe essere leggermente differente o potrebbe essere (e generalmente lo è), molto differente. Le modifiche apportate al segnale da un equalizzatore nel percorso verso agli altoparlanti, sono le stesse indipendentemente dalla nostra posizione nella stanza, e poichè la risposta cambia in funzione delle posizioni mentre l’EQ no, è ovvio che l'utilizzo di un EQ può essere adatto solo nei luoghi in cui la risposta in frequenza è la stessa di quella usata prima dell’impostazione dell’EQ</div><p> |
− | <div | + | <div style="text-align:justify;">Leggendo alcuni volantini pubblicitari relativi ad alcuni equalizzatori, potrebbe essere lecito pensare che alcuni ragazzi intelligenti, da qualche parte, abbiano trovato un modo per fare questo. Impossibile! La cosa migliore che si può fare, è confrontare le risposte in frequenza misurate in diverse posizioni nell’area in cui è necessario che la correzione abbia effetto, capire quali di queste sono sufficientemente simili e giungere ad una impostazione dell’EQ di compromesso, che aiuta in alcuni punti e non fa troppo male in certi altri. Quindi l'EQ può aiutare, ma non è certamente una bacchetta magica.</div></p> |
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+ | <div style="text-align:justify;">Se l’equalizzazione funziona in una sola posizione, e io mi siedo in una sola posizione, qual’è il problema? Il problema è che, movimenti molto piccoli, producono grandi differenze. Ad alta frequenza, la lunghezza d’onda del suono è molto corta. A 20kHz misura solo 17mm. La risposta in frequenza, varia notevolmente ad alta frequenza su distanze molto brevi, cosi, anche se vi trovate seduti in una sola posizione e siete immobili, il meglio che potete sperare è per un’impostazione dell'EQ che lavori fino a pochi kHz. Per un più ragionevole margine di movimento, poche centinaia di Hz in più sono preferibili.</div> | ||
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− | + | <div style="text-align:justify;">Siamo quindi pronti a scendere a qualche compromesso. Riuscire a correggere la risposta fino a poche centinaia di Hz ci sarebbe molto di aiuto perciò, mettiamo mano all’equalizzatore ed iniziamo con le regolazioni. Il problema di fronte al quale ci troveremo, riguarda la regolazione che sembra non funzionare correttamente. Supponiamo che la risposta in frequenza presenti un calo di 6dB a 100Hz. Così, aumentiamo di 6bB in quel punto e regoliamo la larghezza per farla coincidere con il calo che abbiamo visto. Ma la risposta in frequenza, difficilmente sembra essere variata, specialmente nel mezzo del punto in cui è stato rilevato il calo. Cosa sta succedendo? Il problema, è probabilmente legato alla risoluzione della misurazione. Per esempio, se per misurare la risposta abbiamo utilizzato un RTA (Real Time Analyzer) ad 1/3 di ottava, la barra dei 100Hz si estenderà da circa 89Hz a 112Hz. Questo calo di 6dB, è probabilmente dovuto a un calo molto più marcato ma molto stretto all’interno dell’intervallo di quei 23Hz. Perciò, per vedere cosa sta succedendo, dovremmo eseguire una misurazione ad alta risoluzione ed un RTA non sarà adatto a questo scopo.</div> | |
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+ | <div style="text-align:justify;">L’RTA, ha lasciato la scena e nonostante stiamo eseguendo delle misure ad alta risoluzione, i risultati sembrano orribili. Notiamo grandi picchi e alcuni avvallamenti enormi e stretti. Il calo di 6dB che abbiamo riscontrato a 100Hz, in realtà risulta essere un calo di 17dB a 98Hz. Nessun problema, poichè l’EQ permette un guadagno fino a 24dB. Ma l’ascolto con la correzione attiva, rivela una forte distorsione. Abbiamo superato l'headroom a nostra disposizione, con fenomeni di clipping ovunque. Anche dopo aver regolato i livelli per tentare di contenere la distorsione, il risultato è molto, molto peggiore. Forti cali nella risposta, sono molto sensibili alla posizione, anche a frequenze molto basse. La sensibilità alla posizione e i problemi di headroom, ci indicano che non c’è nulla che possiamo fare con l’equalizzazione. La cosa migliore che possiamo fare, è affrontare il problema generale e lavorare sui picchi.</div> | ||
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+ | <div style="text-align:justify;">Ora conosciamo la maggior parte delle limitazioni dell’equalizzatore. Abbiamo spostato alcuni oggetti nella stanza e usato alcuni assorbitori e ci siamo liberati dei difetti peggiori. Dopo molte scrupolose modifiche all’equalizzatore, la risposta in frequenza è finalmente piuttosto piatta, ma il suono è ancora terribile. Cosa sta succedendo ora?</div><p> | ||
+ | <div style="text-align:justify;">I prossimi pochi paragrafi, sono un pò più tecnici, ma vale la pena attenersi ad essi. Gli equalizzatori sono, con poche eccezioni, dei dispositivi a fase minima (alcuni sono a fase lineare, ma questo non ci aiuta a risolvere il problema che stiamo affrontando). Quando sull'EQ effettuiamo una regolazione della risposta in frequenza, modifichiamo anche la risposta di fase, che rappresenta una parte della misura, spesso ignorata. A questo punto, dobbiamo perciò fare una piccola digressione per capire la ragione per la quale dovremmo preoccuparci anche della fase.</div></p> | ||
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+ | <div style="text-align:justify;">Il software di misurazione, misura la funzione di trasferimento del sistema al quale è collegato. La funzione di trasferimento è composta di due parti: la risposta in frequenza e la risposta di fase. I sistemi possono avere la stessa risposta in frequenza, ma avere effetti completamente differenti sui segnali che li attraversano. La loro differenza sta proprio nella risposta di fase. Come semplice esempio di quanto grande può essere la differenza che la fase può fare, consideriamo i risultati provenienti dalle misure di due segnali molto differenti: un impulso e un periodo di rumore periodico. Entrambi questi segnali, hanno una risposta in frequenza perfettamente piatta e guardando alle loro risposte, non saremmo in grado di distinguerli. I segnali di tempo ovviamente, appaiono completamente differenti. Cosa accade quindi a quelle differenze quando i segnali vengono processati da una FFT per ricavarne la risposta in frequenza? E’ tutto nelle risposte di fase. L’impulso ha fase zero a tutte le frequenze. Il rumore periodico, ha fase casuale. Guardando alla sola risposta in frequenza, non siamo in grado di dire come appare il segnale, così come guardando alla sola risposta in frequenza di una funzione di trasferimento, non siamo in grado di stabilire gli effetti del sistema sui segnali che lo attraversano. Dobbiamo quindi guardare anche la risposta di fase. Quindi, la risposta del perché il nostro sistema con una risposta in frequenza perfettamente piatta, non suona ancora come dovrebbe, risiede nella risposta di fase. Le risposte della stanza, non sono in massima parte a fase minima. La spiegazione tecnica di ciò, probabilmente non ci aiuterebbe nella comprensione del problema, ma il risultato è questo: con la risposta in frequenza, possiamo fare quasi tutto ciò che vogliamo (nei limiti che abbiamo già discusso), ma la risposta di fase è al di fuori della portata del nostro EQ. Nessuna modifica della risposta in frequenza sull’EQ, avrà effetti corrispondenti sulla risposta di fase, e mentre le regolazioni della risposta in frequenza potrebbero essere uguali ed opposte alla risposta della stanza, la stessa cosa non vale per la fase. Questo è ciò che significa per una stanza, non essere a fase minima, aver fatto cioè cose sulla fase del segnale, che non possono essere replicate nel nostro EQ. Correggere la risposta in frequenza ma non la risposta di fase, significa non essere in grado di far si che il segnale di tempo assomigli alle sue condizioni iniziali prima di essere catturato dalla stanza, nonostante il tempo passato davanti all’EQ per tentare di correggerlo. Abbiamo raggiunto il limite.</div> | ||
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+ | <div style="text-align:justify;">Questo ci porta come ho detto, a voler toccare un altro punto: l’importanza di guardare i segnali di tempo e non solo le risposte in frequenza. La risposta in frequenza, rappresenta solo la metà della descrizione di ciò che un sistema sta facendo al segnale che lo attraversa e la risposta di fase è la metà rimanente. Cercare di comprendere i sistemi, guardando alla sola risposta in frequenza, è come cercare di capire un libro leggendo solo le pagine pari. Per capirlo veramente, è necessario leggerle entrambe. Che è però un pò problematico. La risposta in frequenza è abbastanza facile da comprendere, ma non altrettanto la risposta di fase. Per comprenderla correttamente, finiamo per guardare varie quantità da essa derivate, come il ritardo di gruppo o il ritardo di fase. Diventa tutto più complicato, ma esiste un’alternativa.</div><p> | ||
+ | <div style="text-align:justify;">I sistemi che misuriamo, possono essere descritti in due modi: nel dominio della frequenza, dalla loro funzione di trasferimento (risposte di frequenza e di fase), o nel dominio del tempo, dalla loro risposta all’impulso. Essi costituiscono due visioni dello stesso sistema: la funzione di trasferimento è la FFT della risposta all’impulso e la risposta all’impulso è la FFT inversa della funzione di trasferimento. Per studiare come il sistema si comporta e come agisce sui segnali, possiamo esaminarle entrambe. La risposta all’impulso, ha il vantaggio di catturare tutte le informazioni in un unico segnale, il che la pone un gradino sopra alla funzione di trasferimento, anche se non è così immediatamente intuitiva come la risposta in frequenza. Essa invece, ci fornisce prontamente delle informazioni che sono meno facilmente individuabili nella funzione di trasferimento quali le prime riflessioni o il lento decadimento dei modi della stanza. Vale la pena dedicare un po’ di tempo per familiarizzare con la risposta all’impulso e con alcune delle quantità da essa derivate, come l’inviluppo della risposta all’impulso (aka ETC).</div></p> | ||
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− | ===<span style="color:# | + | ===<span style="color:#4076c0; text-decoration: underline;">L'equalizzazione aiuta oppure no?</span>=== |
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− | <div | + | <div style="text-align:justify;">Considerando tutte le limitazioni che abbiamo scoperto oltre ai problemi legati alla fase non-minima, ci potremmo domandare se l’equalizzatore può rappresentare per noi, una buona soluzione. Però, non tutto è perduto. Il comportamento della stanza a fase non-minima, è collegato con i cali nella risposta. Ciò significa che saremo sempre meno in grado di correggere il loro effetto, ma, non essendoci niente che si può fare al riguardo, la situazione in realtà non è molto peggiorata. L’aspetto positivo, è dato dai picchi della risposta che sono causati da caratteristiche che si trovano saldamente nella regione a fase minima e che il nostro equalizzatore a fase minima è in grado di gestire nel tentativo di dominarli. Più in basso si verificheranno, migliore sarà il risultato che probabilmente saremo in grado di ottenere: un bel complemento ai nostri trattamenti acustici, poiché inizieranno il loro intervento alle basse frequenze (o inizieremo a lottare con le loro dimensioni!). L’equalizzatore è uno strumento utile da tenere a portata di mano nel tentativo di risolvere i nostri problemi acustici, ma potrà essere solo una piccola parte della soluzione.</div> |
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Versione attuale delle 21:51, 15 set 2023
Indice
Perchè non posso risolvere tutti i miei problemi acustici con l’EQ?
Questo argomento tratta un’importante questione: perchè l’equalizzatore non è sufficiente a risolvere i problemi acustici? Esistono in commercio una gran varietà di prodotti che dicono di essere in grado di correggere le risposte di una stanza, quindi perchè qualcuno dovrebbe perdere tempo con trattamenti acustici, bass traps, assorbitori e roba del genere? La tecnologia ci viene in aiuto, giusto?
Queste sono domande importanti e comprenderne le risposte, può aiutare molto a capire meglio l’acustica in senso generale. Ci sono alcuni passaggi in cui la risposta acquista un aspetto leggermente tecnico, ma la maggior parte della spiegazione, è facile da seguire. Per rispondere alle domande di cui sopra, dovremmo affrontare le risposte ad altre due domande:
Perchè la fase è importante?
Perchè dovrei considerare i segnali nel dominio del tempo, anzichè la semplice risposta in frequenza?
Cosa fa l’Equalizzatore?
Come punto di partenza, dobbiamo dare un’occhiata a cosa può fare per noi un equalizzatore. L’indizio è nascosto proprio nel nome. La sua funzione di base, è di alterare la risposta in frequenza. Possiamo perciò usarlo per cercare di rendere uguale la risposta a tutte le frequenze. Particolari equalizzatori, sono talvolta descritti come operanti nel dominio della frequenza o nel dominio del tempo, o in entrambi. Di fatto, tutti gli equalizzatori, senza alcuna eccezione, agiscono nel dominio del tempo e della frequenza ed hanno effetto su entrambi.
Quali sono i limiti di applicazione di un equalizzatore?
Posizione, posizione, posizione
Prima di iniziare a regolare un EQ per alterare la risposta in frequenza, dobbiamo avere una risposta da correggere, e per questo dobbiamo eseguire una misura. Questo implica la prima limitazione. La misura viene eseguita in una singola posizione e la risposta in frequenza di tale misura, è valida solo in quella posizione. Muovendo il microfono in una qualsiasi altra posizione ed eseguendo una nuova misura, otterremo una diversa risposta in frequenza. Questa potrebbe essere leggermente differente o potrebbe essere (e generalmente lo è), molto differente. Le modifiche apportate al segnale da un equalizzatore nel percorso verso agli altoparlanti, sono le stesse indipendentemente dalla nostra posizione nella stanza, e poichè la risposta cambia in funzione delle posizioni mentre l’EQ no, è ovvio che l'utilizzo di un EQ può essere adatto solo nei luoghi in cui la risposta in frequenza è la stessa di quella usata prima dell’impostazione dell’EQ
Leggendo alcuni volantini pubblicitari relativi ad alcuni equalizzatori, potrebbe essere lecito pensare che alcuni ragazzi intelligenti, da qualche parte, abbiano trovato un modo per fare questo. Impossibile! La cosa migliore che si può fare, è confrontare le risposte in frequenza misurate in diverse posizioni nell’area in cui è necessario che la correzione abbia effetto, capire quali di queste sono sufficientemente simili e giungere ad una impostazione dell’EQ di compromesso, che aiuta in alcuni punti e non fa troppo male in certi altri. Quindi l'EQ può aiutare, ma non è certamente una bacchetta magica.
Cosa succeede se ascolto in una sola posizione?
Se l’equalizzazione funziona in una sola posizione, e io mi siedo in una sola posizione, qual’è il problema? Il problema è che, movimenti molto piccoli, producono grandi differenze. Ad alta frequenza, la lunghezza d’onda del suono è molto corta. A 20kHz misura solo 17mm. La risposta in frequenza, varia notevolmente ad alta frequenza su distanze molto brevi, cosi, anche se vi trovate seduti in una sola posizione e siete immobili, il meglio che potete sperare è per un’impostazione dell'EQ che lavori fino a pochi kHz. Per un più ragionevole margine di movimento, poche centinaia di Hz in più sono preferibili.
Risoluzione
Siamo quindi pronti a scendere a qualche compromesso. Riuscire a correggere la risposta fino a poche centinaia di Hz ci sarebbe molto di aiuto perciò, mettiamo mano all’equalizzatore ed iniziamo con le regolazioni. Il problema di fronte al quale ci troveremo, riguarda la regolazione che sembra non funzionare correttamente. Supponiamo che la risposta in frequenza presenti un calo di 6dB a 100Hz. Così, aumentiamo di 6bB in quel punto e regoliamo la larghezza per farla coincidere con il calo che abbiamo visto. Ma la risposta in frequenza, difficilmente sembra essere variata, specialmente nel mezzo del punto in cui è stato rilevato il calo. Cosa sta succedendo? Il problema, è probabilmente legato alla risoluzione della misurazione. Per esempio, se per misurare la risposta abbiamo utilizzato un RTA (Real Time Analyzer) ad 1/3 di ottava, la barra dei 100Hz si estenderà da circa 89Hz a 112Hz. Questo calo di 6dB, è probabilmente dovuto a un calo molto più marcato ma molto stretto all’interno dell’intervallo di quei 23Hz. Perciò, per vedere cosa sta succedendo, dovremmo eseguire una misurazione ad alta risoluzione ed un RTA non sarà adatto a questo scopo.
Headroom
L’RTA, ha lasciato la scena e nonostante stiamo eseguendo delle misure ad alta risoluzione, i risultati sembrano orribili. Notiamo grandi picchi e alcuni avvallamenti enormi e stretti. Il calo di 6dB che abbiamo riscontrato a 100Hz, in realtà risulta essere un calo di 17dB a 98Hz. Nessun problema, poichè l’EQ permette un guadagno fino a 24dB. Ma l’ascolto con la correzione attiva, rivela una forte distorsione. Abbiamo superato l'headroom a nostra disposizione, con fenomeni di clipping ovunque. Anche dopo aver regolato i livelli per tentare di contenere la distorsione, il risultato è molto, molto peggiore. Forti cali nella risposta, sono molto sensibili alla posizione, anche a frequenze molto basse. La sensibilità alla posizione e i problemi di headroom, ci indicano che non c’è nulla che possiamo fare con l’equalizzazione. La cosa migliore che possiamo fare, è affrontare il problema generale e lavorare sui picchi.
Fase minima e annessi
Ora conosciamo la maggior parte delle limitazioni dell’equalizzatore. Abbiamo spostato alcuni oggetti nella stanza e usato alcuni assorbitori e ci siamo liberati dei difetti peggiori. Dopo molte scrupolose modifiche all’equalizzatore, la risposta in frequenza è finalmente piuttosto piatta, ma il suono è ancora terribile. Cosa sta succedendo ora?
I prossimi pochi paragrafi, sono un pò più tecnici, ma vale la pena attenersi ad essi. Gli equalizzatori sono, con poche eccezioni, dei dispositivi a fase minima (alcuni sono a fase lineare, ma questo non ci aiuta a risolvere il problema che stiamo affrontando). Quando sull'EQ effettuiamo una regolazione della risposta in frequenza, modifichiamo anche la risposta di fase, che rappresenta una parte della misura, spesso ignorata. A questo punto, dobbiamo perciò fare una piccola digressione per capire la ragione per la quale dovremmo preoccuparci anche della fase.
Perchè la fase è importante?
Il software di misurazione, misura la funzione di trasferimento del sistema al quale è collegato. La funzione di trasferimento è composta di due parti: la risposta in frequenza e la risposta di fase. I sistemi possono avere la stessa risposta in frequenza, ma avere effetti completamente differenti sui segnali che li attraversano. La loro differenza sta proprio nella risposta di fase. Come semplice esempio di quanto grande può essere la differenza che la fase può fare, consideriamo i risultati provenienti dalle misure di due segnali molto differenti: un impulso e un periodo di rumore periodico. Entrambi questi segnali, hanno una risposta in frequenza perfettamente piatta e guardando alle loro risposte, non saremmo in grado di distinguerli. I segnali di tempo ovviamente, appaiono completamente differenti. Cosa accade quindi a quelle differenze quando i segnali vengono processati da una FFT per ricavarne la risposta in frequenza? E’ tutto nelle risposte di fase. L’impulso ha fase zero a tutte le frequenze. Il rumore periodico, ha fase casuale. Guardando alla sola risposta in frequenza, non siamo in grado di dire come appare il segnale, così come guardando alla sola risposta in frequenza di una funzione di trasferimento, non siamo in grado di stabilire gli effetti del sistema sui segnali che lo attraversano. Dobbiamo quindi guardare anche la risposta di fase. Quindi, la risposta del perché il nostro sistema con una risposta in frequenza perfettamente piatta, non suona ancora come dovrebbe, risiede nella risposta di fase. Le risposte della stanza, non sono in massima parte a fase minima. La spiegazione tecnica di ciò, probabilmente non ci aiuterebbe nella comprensione del problema, ma il risultato è questo: con la risposta in frequenza, possiamo fare quasi tutto ciò che vogliamo (nei limiti che abbiamo già discusso), ma la risposta di fase è al di fuori della portata del nostro EQ. Nessuna modifica della risposta in frequenza sull’EQ, avrà effetti corrispondenti sulla risposta di fase, e mentre le regolazioni della risposta in frequenza potrebbero essere uguali ed opposte alla risposta della stanza, la stessa cosa non vale per la fase. Questo è ciò che significa per una stanza, non essere a fase minima, aver fatto cioè cose sulla fase del segnale, che non possono essere replicate nel nostro EQ. Correggere la risposta in frequenza ma non la risposta di fase, significa non essere in grado di far si che il segnale di tempo assomigli alle sue condizioni iniziali prima di essere catturato dalla stanza, nonostante il tempo passato davanti all’EQ per tentare di correggerlo. Abbiamo raggiunto il limite.
L’importanza di guardare i segnali di tempo.
Questo ci porta come ho detto, a voler toccare un altro punto: l’importanza di guardare i segnali di tempo e non solo le risposte in frequenza. La risposta in frequenza, rappresenta solo la metà della descrizione di ciò che un sistema sta facendo al segnale che lo attraversa e la risposta di fase è la metà rimanente. Cercare di comprendere i sistemi, guardando alla sola risposta in frequenza, è come cercare di capire un libro leggendo solo le pagine pari. Per capirlo veramente, è necessario leggerle entrambe. Che è però un pò problematico. La risposta in frequenza è abbastanza facile da comprendere, ma non altrettanto la risposta di fase. Per comprenderla correttamente, finiamo per guardare varie quantità da essa derivate, come il ritardo di gruppo o il ritardo di fase. Diventa tutto più complicato, ma esiste un’alternativa.
I sistemi che misuriamo, possono essere descritti in due modi: nel dominio della frequenza, dalla loro funzione di trasferimento (risposte di frequenza e di fase), o nel dominio del tempo, dalla loro risposta all’impulso. Essi costituiscono due visioni dello stesso sistema: la funzione di trasferimento è la FFT della risposta all’impulso e la risposta all’impulso è la FFT inversa della funzione di trasferimento. Per studiare come il sistema si comporta e come agisce sui segnali, possiamo esaminarle entrambe. La risposta all’impulso, ha il vantaggio di catturare tutte le informazioni in un unico segnale, il che la pone un gradino sopra alla funzione di trasferimento, anche se non è così immediatamente intuitiva come la risposta in frequenza. Essa invece, ci fornisce prontamente delle informazioni che sono meno facilmente individuabili nella funzione di trasferimento quali le prime riflessioni o il lento decadimento dei modi della stanza. Vale la pena dedicare un po’ di tempo per familiarizzare con la risposta all’impulso e con alcune delle quantità da essa derivate, come l’inviluppo della risposta all’impulso (aka ETC).
L'equalizzazione aiuta oppure no?
Considerando tutte le limitazioni che abbiamo scoperto oltre ai problemi legati alla fase non-minima, ci potremmo domandare se l’equalizzatore può rappresentare per noi, una buona soluzione. Però, non tutto è perduto. Il comportamento della stanza a fase non-minima, è collegato con i cali nella risposta. Ciò significa che saremo sempre meno in grado di correggere il loro effetto, ma, non essendoci niente che si può fare al riguardo, la situazione in realtà non è molto peggiorata. L’aspetto positivo, è dato dai picchi della risposta che sono causati da caratteristiche che si trovano saldamente nella regione a fase minima e che il nostro equalizzatore a fase minima è in grado di gestire nel tentativo di dominarli. Più in basso si verificheranno, migliore sarà il risultato che probabilmente saremo in grado di ottenere: un bel complemento ai nostri trattamenti acustici, poiché inizieranno il loro intervento alle basse frequenze (o inizieremo a lottare con le loro dimensioni!). L’equalizzatore è uno strumento utile da tenere a portata di mano nel tentativo di risolvere i nostri problemi acustici, ma potrà essere solo una piccola parte della soluzione.
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